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al testo di Ivan Pozzoni
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Parlano tutti di altro nelle assolate viuzze della letteratura d’inizio secolo, reprimo uno sbadiglio nell’invidia che mai qualcuno si accorga della mia scrittura, randagio leone col cuore truce di un anatroccolo, e conto i capelli bianchi che spuntano tra i riccioli della mia capigliatura.
Non conta niente avere cantato ultimi, reietti, scarti di magazzino, se non hai indossato abiti densi di pulci o se non hai bruciato copertoni, la crisi occipitale, sfondata la crisi occidentale, è diventata il mio aguzzino, mi ha trasformato in un borghese, in un borghese senz’agoni.
Una donna stabile, che amo, un cane, una casa acquistata senza mutuo un conto in banca regolare – la sola disoccupazione come idea fissa a rovinare l’idillio borghese-, costellata da uno sguardo triste e vacuo, l’unica coordinata a mettere in disordine la mia disordinata ascissa.
Ed io che volevo cantare di sfaccendati, ladri e battone mi metto a sproloquiare come un Salvini di RescUE, MES, eurobond, e del Governo olandese accattone, del grano europeo che non si ammucchia dentro alle stie, ho adottato la vostra soluzione, smettendo di traghettare i miei frammenti in poesie.
(inedito) |
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